Italiano: “Bologna, ci siamo. Sul pullman l’ultima spinta per restare”

Bologna, 31 maggio 2025 – Santi che pagano il suo pranzo, non ne ha mai avuti. Perché quando vieni dalla provincia, dovrai sempre fare della strada in più degli altri. In fondo a quella strada, però, in una domenica di fine maggio, Vincenzo Italiano ha trovato quarantamila persone a celebrarlo. La sua piazza Grande, se l’è costruita sanpietrino dopo sanpietrino. E adesso può godersi un po’ di sole della sua Sicilia, dopo giornate, le ultime, che ai bolognesi sono parse interminabili. Fino a quella firma. La firma.

Italiano, tante squadre la volevano, una in particolare, il Milan. Lei ha scelto di restare. Cosa l’ha convinta?
“La mia priorità è sempre stata il Bologna, la priorità era parlare con i dirigenti ed ero convinto che sarebbe andato tutto bene. E’ una questione di valori umani e tecnici. Qui c’è grande voglia di restare su livelli alti, la squadra è forte, sennò non vinci una Coppa Italia. Qui ho conosciuto persone che mi hanno fatto stare bene, da Saputo ai dirigenti, passando per ognuno che lavora a Casteldebole. E poi il rapporto che ho costruito con i ragazzi, l’empatia, quello che abbiamo condiviso: questo per me vale tanto”.
Allora potevamo risparmiarci questa sofferenza…
“Questa telenovela quant’è durata? Ventiquattro ore? Non c’è manco da chiamarla telenovela. Io avevo già le idee chiare, non ci sono mai stati problemi”.
C’è stato un momento preciso in cui si è detto “resto qui”?
“Sì, quando mi sono ritrovato su quel pullman scoperto, alla parata: quella marea rossoblù, un’emozione indescrivibile. Ecco, io avevo già deciso, ma la mia decisione lì si è suggellata. L’affetto della gente, di Bologna, mi ha colpito. Quando c’è da decidere, per me queste cose pesano tanto”.

L’aveva promesso un anno fa: “Proveremo a riportare la gente in piazza”. Bel rischio, eh.
“Dissi quella frase perché volevo mandare un messaggio al gruppo: avevano fatto qualcosa di storico con la Champions e volevo scuoterli, temevo la pancia piena. Poi la piazza l’abbiamo riempita davvero: quindi diciamo che son stato ‘di parola’”.
Eppure, all’inizio è stato difficile. La vittoria che non arrivava. Ha mai pensato: ma chi me l’ha fatto fare?
“Mai pensato, mai”.
Nemmeno dopo i fischi del Dall’Ara alla fine di Bologna-Empoli? Lei andò davanti alle telecamere e disse: “Dobbiamo ripartire tutti da zero”.

“I fischi fanno male e noi in campo li sentiamo. Ma sappiamo distinguere quando li meritiamo o quando ci serve tempo. Quando dissi quella frase, era perché l’ambiente aveva bisogno di capire che ci serviva una mano. Avevamo perso cinque titolari su undici, perché ci metto pure Ferguson. E c’era pure una Champions da affrontare. Ci serviva tempo. Quello, per esempio, per capire che Odgaard da trequartista poteva rendere molto di più che da esterno...”.
E i bolognesi hanno risposto presente.
“A me è piaciuto tantissimo l’atteggiamento che ha avuto lo stadio: quell’esaltarsi per una palla conquistata, per una scivolata. A Roma ci siamo arrivati tutti insieme: i tifosi convinti della spinta che potevano darci e noi con la voglia di ripagarli”.
A proposito di Roma: quando ha capito che l’avrebbe potuta alzare, quella Coppa?
“Dopo la gara persa con il Milan il venerdì prima. La sfida di San Siro ci ha permesso di fare delle valutazioni: abbiamo tenuto a riposo qualche giocatore, siamo andati all-in sulla finale. Poi avevamo preparato anche qualche strategia...”.
Tipo quel Casale per Orsolini?
“Esatto. Quando la mattina ho appeso lo schema con la difesa a cinque nello spogliatoio, dovevate vedere le facce dei miei giocatori (ride, ndr)... poi però sono stati quelli del Milan a restare spiazzati”.
Curiosità per comuni mortali: ma la notte prima di una finale si dorme?
“Sono stato in camera in hotel a pensare. Pensi a quello che può accadere, ti fai un film della partita, cerchi di immaginare quello che può succedere nel bene e nel male. Però dovevo anche riposare per forza, perché, come avete visto, io la gara la vivo intensamente, quasi la gioco. Quindi qualche ora ho dormito. Il problema vero è stato la mattina quando mi sono svegliato”.
Cioè?
“E’ stato un continuo di emozioni, da quando ho aperto gli occhi: un’adrenalina e una tensione clamorose. La sera prima riesco sempre a stare tranquillo, è il giorno che son guai. Stavo con gli occhi spalancati: siamo stati in camera con lo staff a ragionare sui dettagli fino alla partenza per lo stadio. In notti così se fai un errore, rischi di pagarlo carissimo. E io ne so qualcosa”.
Il messaggio più bello che ha ricevuto dopo la vittoria?
“Ne ho ricevuti una marea, è dura scegliere. Uno che mi ha fatto immenso piacere è stato quello di Pirlo. Con Andrea ci conosciamo dal corso per allenatori, ma non siamo amici storici. Però mi ha fatto emozionare. Lui è una persona straordinaria, ha vinto tutto. Ma forse un po’ si è immedesimato in me”.
Tutto bello. Ma ora le aspettative saliranno: che Bologna ha chiesto ai suoi dirigenti?
“Non lo devo chiedere io, un Bologna forte. Un Bologna forte lo deve costruire la società, perché questa gente merita di avere una squadra di qualità, che possa arrivare lontano in tutte le competizioni. Perché arrivare in fondo ad aprile e maggio, vuol dire aver lavorato bene. Poi puoi vincere o perdere, ma credo che arrivare in finale sia già un merito”.
Quindi nessuna priorità?
“Saremo impegnati su quattro fronti, non si può stabilire prima l’obiettivo. Semmai strada facendo decideremo, come con la Coppa Italia quest’anno. Poi certo, in Europa League dovremo cercare di passare la prima fase. L’Atalanta quante coppe ha vinto? Una. Però poi fa terzo, quarto posto, semifinali, finali. E il livello si alza. Non a caso è una società modello in Italia. E secondo me, il Bologna non è lontano da quella dimensione”.
Se poi restassero anche i vari Castro, Ndoye, sarebbe anche più facile avvicinarsi.
“Io sono d’accordo con la società quando dice che nessuno è incedibile. In che senso? Nel senso che se dovessero arrivare offerte incredibili, è giusto valutarle. Non sono quell’allenatore che dice ’no’ e si mette di traverso. Ho sposato la linea del club. Però, è chiaro che se si potesse avere continuità anche con certi elementi, io sarei molto contento. Ma non penso che si smantelli la squadra: non sarà così. Anzi cercheremo di migliorarci”.
Ha bisogno di ferie?
“Io da otto anni alleno e da otto anni a giugno sono in corsa per qualcosa. Quindi non faccio ferie vere da un po’. Ma da oggi pomeriggio (ieri, ndr) sono ufficialmente in vacanza. Andrò in Sicilia a salutare amici e parenti. A casa mia, a Ribera, mi devo sdebitare: hanno fatto un maxischermo per la finale”.
Un po’ di mare lo farà, sì?
“Certo, io ho la mia spiaggia: Seccagrande. In estate tutti i riberesi ci si trasferiscono, hanno una seconda casa, anche se è a soli sei chilometri. Perché l’estate devi stare a ridosso del mare: aprire le finestre e respirare quell’aria lì”.
İl Resto Del Carlino